Pagina 2 di 40 INDICE Allegato 1 – I reati previsti dal Decreto........................................... 3 Sezione Prima .............................................................................. 4 1. LA NORMATIVA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI: IL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231 E S.M.I. ................................................... 4 1.1 La Responsabilità Amministrativa degli Enti ......................................................... 4 1.2 I reati previsti dal Decreto...................................................................................... 5 1.3 Le sanzioni applicabili all’ente ............................................................................... 5 1.4 L’adozione del modello quale esimente della responsabilità .............................. 10 1.5 Le “Linee Guida” di Confindustria e gli altri principi ispiratori .............................. 12 Sezione Seconda ........................................................................ 13 2. IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DI BERTOLOTTO S.P.A. ..................................... 13 2.1 Descrizione della società..................................................................................... 13 2.2 Finalità del Modello.............................................................................................. 13 2.3 Destinatari ........................................................................................................... 15 2.4 Elementi fondamentali del modello ..................................................................... 15 2.5 Codice Etico e Modello 231................................................................................. 16 2.6 La struttura del Sistema Organizzativo e di Controllo ......................................... 17 2.7 Individuazione delle attività “a rischio” e definizione dei protocolli ...................... 18 2.8 Protocolli generali di controllo ............................................................................. 19 Sezione Terza ............................................................................ 20 3. ORGANISMO DI VIGILANZA............................................... 20 3.1 Premessa ............................................................................................................ 20 3.2 Durata in carica, cause di ineleggibilità, decadenza, revoca e rinuncia.............. 21
Pagina 3 di 40 3.3 Funzioni e poteri dell’Organismo di Vigilanza ..................................................... 22 3.4 Reporting da e verso l’Organismo di Vigilanza ................................................... 24 3.5 Flussi informativi e nei confronti dell’Organismo di Vigilanza e le segnalazioni.. 26 Sezione Quarta ........................................................................... 30 4. SISTEMA DISCIPLINARE E MECCANISMI SANZIONATORI . 30 4.1 Principi generali ................................................................................................... 30 4.2 Sanzioni nei confronti dei dipendenti................................................................... 32 4.3 Conseguenze (sanzioni) nei confronti dei consulenti, collaboratori o agenti commerciali…………………………………………………………………………………………….35 4.4 Sanzioni nei confronti dell’organo amministrativo ............................................... 35 4.5 Sanzioni nei confronti dei soggetti apicali (diversi dall’organo amministrativo) .. 35 4.6 Conseguenze (sanzioni) nei confronti del Collegio Sindacale............................. 37 Sezione Quinta ........................................................................... 38 5. AGGIORNAMENTO DEL MODELLO .................................... 38 Sezione Sesta ............................................................................ 39 6. INFORMAZIONE, FORMAZIONE E DIFFUSIONE DEL MODELLO ............................................................................... 39 ALLEGATO 1 – I REATI PREVISTI DAL DECRETO
Pagina 4 di 40 SEZIONE PRIMA 1. LA NORMATIVA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI: IL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231 E S.M.I. 1.1 LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI Il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che reca la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” (di seguito anche il “D.Lgs. 231/2001” o, anche solo il “Decreto”), entrato in vigore il 4 luglio 2001 in attuazione dell’art. 11 della Legge-Delega 29 settembre 2000, n. 300, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano, conformemente a quanto già previsto in ambito comunitario, la responsabilità amministrativa degli enti1. Tale normativa prevede una responsabilità diretta ed autonoma degli enti derivante dalla commissione o tentata commissione di determinate fattispecie di reato nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi. Infatti, la responsabilità amministrativa dell’ente va a sommarsi alla responsabilità penale dell’autore dell’illecito ovverosia della persona fisica materialmente responsabile della commissione di uno dei reati inseriti nel catalogo di reati (di seguito, per brevità, anche, i “Reati Presupposto”) previsti dal Decreto. Tale nuova forma di responsabilità, sebbene definita “amministrativa” dal legislatore, presenta tuttavia taluni caratteri propri della responsabilità penale, essendo ad esempio rimesso al giudice penale l’accertamento dei reati dai quali essa è fatta derivare ed essendo estese all’ente le garanzie del processo penale. Il Decreto stabilisce che l’ente è responsabile per i reati commessi: 1 L’art.1 del D.Lgs. n. 231 del 2001 ha delimitato l’ambito dei soggetti destinatari della normativa agli “enti forniti di personalità giuridica, società e associazioni anche prive di personalità giuridica”. Alla luce di ciò, la normativa si applica nei confronti degli: - enti a soggettività privata, ovvero agli enti dotati di personalità giuridica ed associazioni “anche prive” di personalità giuridica; - enti a soggettività pubblica, ovvero gli enti dotati di soggettività pubblica, ma privi di poteri pubblici (c.d. “enti pubblici economici”); - enti a soggettività mista pubblica/privata (c.d. “società miste”). Sono invece esclusi dal novero dei soggetti destinatari: lo Stato, gli enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni e Comunità montane), gli enti pubblici non economici e, in generale, tutti gli enti che svolgano funzioni di rilievo costituzionale (Camera dei deputati, Senato della Repubblica, Corte costituzionale, Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, C.S.M., etc.).
Pagina 5 di 40 ➢ nel suo interesse2 o a suo vantaggio3 (elemento oggettivo): ➢ da persone funzionalmente legate all’ente (elemento soggettivo), ed in particolare: a)da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso (cd. soggetti apicali); b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a) (cd. soggetti sottoposti). La responsabilità dell’ente è esclusa laddove il reato sia stato posto in essere nell’esclusivo interesse dell’autore dell’illecito. Oltre all’esistenza degli elementi oggettivi e soggettivi sopra descritti, il D.lgs. n. 231/2001 richiede l’accertamento della colpevolezza dell’ente, al fine di poterne affermare la responsabilità: tale requisito è riconducibile ad una “colpa di organizzazione”, da intendersi quale mancata previa adozione, da parte dell’ente, di misure organizzative idonee a prevenire la commissione dei reati presupposto, da parte dei soggetti individuati nel Decreto. 1.2 I REATI PREVISTI DAL DECRETO I reati dal cui compimento può derivare la responsabilità amministrativa dell’ente sono solo quelli espressamente richiamati dal D.lgs. n. 231/2001 e successive modifiche ed integrazioni. Si rimanda all’Allegato 1 del presente documento per il dettaglio delle singole fattispecie di reato attualmente ricomprese nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 231/2001. 1.3 LE SANZIONI APPLICABILI ALL’ENTE La competenza a conoscere degli illeciti amministrativi dipendenti da reato a carico dell’ente appartiene al giudice penale, il quale la esercita con le garanzie proprie del procedimento penale. 2 L’interesse (da valutare ex ante) consiste “nella prospettazione finalistica, da parte del reo-persona fisica, di arrecare un interesse all’ente mediante il compimento del reato, a nulla valendo che poi tale interesse sia stato concretamente raggiunto o meno”. (Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 38363/2018). 3 Il vantaggio (da valutare ex post) corrisponde “all’effettivo godimento, da parte dell’ente, di un vantaggio concreto dovuto alla commissione del reato”. (Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 38363/2018).
Pagina 6 di 40 L’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente da parte del giudice penale può comportare l’applicazione delle sanzioni amministrative indicate all’art. 9 del Decreto quali: ▪ sanzioni pecuniarie; ▪ sanzioni interdittive; ▪ confisca; ▪ pubblicazione della sentenza. ❖ Sanzioni pecuniarie La sanzione pecuniaria è sempre applicabile e viene determinata attraverso un “sistema di quote”: il giudice penale potrà applicare un numero di quote non inferiore a 100 (cento) e non superiore a 1000 (mille) ed il valore di ciascuna quota può variare tra un importo minimo (258 euro) e un importo massimo (1549 euro). Tale importo è fissato “sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione” (articoli 10 e 11, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001). Il giudice determina il numero delle quote tenendo conto di criteri oggettivi legati alla gravità del fatto, al grado della responsabilità dell’ente nonché all’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti, nonché di criteri soggettivi legati alle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, che incidono sulla determinazione del valore pecuniario della quota, al fine di assicurare l’efficacia della sanzione. L’articolo 12 del Decreto prevede una serie di casi in cui la sanzione pecuniaria viene ridotta. Essi sono schematicamente riassunti nella seguente tabella, con indicazione della riduzione apportata e dei presupposti per l’applicazione della riduzione stessa. Riduzione Presupposti 1/2 (e non può comunque essere superiore ad euro 103.291,38) • L’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha ricavato un vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; ovvero • il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.
Pagina 7 di 40 Riduzione Presupposti da 1/3 a 1/2 [Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado] • L’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; ovvero • è stato attuato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi. da 1/2 a 2/3 [Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado] • L’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; e • è stato attuato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi. ❖ Sanzioni interdittive Le sanzioni interdittive, applicabili solo in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste ed alle condizioni di cui all’art. 13 del Decreto, possono comportare importanti restrizioni all’esercizio dell’attività di impresa dell’ente, e consistono in: ▪ interdizione dall’esercizio dell’attività; ▪ sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; ▪ divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per le prestazioni del pubblico servizio;
Pagina 8 di 40 ▪ esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi, e/o revoca di quelli eventualmente già concessi; ▪ divieto di pubblicizzare beni o servizi. Tali sanzioni possono essere richieste dal pubblico ministero e applicate all’ente dal giudice in via cautelare quando: • sono presenti gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell’ente per un illecito amministrativo dipendente da reato; • emergono fondati e specifici elementi che facciano ritenere l’esistenza del concreto pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede. Le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni, salve talune eccezioni espressamente previste dal Decreto (art. 25, comma 5, il quale prevede che - nell’ipotesi in cui l’ente venga condannato per un reato di corruzione - debba trovare applicazione la sanzione interdittiva di durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni). Il Decreto prevede, inoltre, che qualora vi siano i presupposti per l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l’interruzione dell’attività dell’ente, il giudice - in luogo dell'applicazione di tale sanzione - possa disporre la prosecuzione dell'attività da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni: ▪ l’ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività; ▪ l’interruzione dell’attività dell’ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione. L’articolo 17 del Decreto prevede che, ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando l’ente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, abbia posto in essere le seguenti condizioni (cumulative tra loro): a) abbia risarcito integralmente il danno e abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si sia comunque efficacemente adoperato in tal senso; b) abbia eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; c) abbia messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
Pagina 9 di 40 ❖ Confisca del prezzo o del profitto del reato La confisca consiste nell’acquisizione coattiva da parte dello Stato del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato e fatti in ogni caso salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede; quando non è possibile eseguire la confisca in natura, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato. ❖ Pubblicazione della sentenza di condanna La pubblicazione della sentenza di condanna consiste nella pubblicazione di quest’ultima una sola volta, per estratto o per intero, a cura della cancelleria del giudice ed a spese dell’ente, in uno o più giornali indicati dallo stesso giudice nella sentenza, nonché nell’affissione nel Comune ove l'ente ha la sede principale. La pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell’ente viene applicata una sanzione interdittiva. Infine, ai sensi dell’art. 26 del Decreto, nell’ipotesi di commissione del reato nella forma del tentativo: • le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte da un terzo alla metà; • l’ente non risponde dell’illecito quando volontariamente impedisce il compimento dell’azione o la realizzazione dell’evento. L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia indagato o imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo. Nel caso in cui il legale rappresentante dell’ente sia indagato o imputato del reato presupposto, il medesimo non potrà provvedere, a causa della condizione di incompatibilità in cui versa, alla nomina del difensore dell'ente in forza del generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 del D.Lgs. 231/2001. In tali casi, la nomina del difensore dell’ente dovrà essere effettuata da parte di un soggetto all’uopo delegato al fine di munire l’ente di un difensore idoneo a tutelarne i relativi interessi. Laddove il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto abbia provveduto alla nomina del difensore di fiducia dell'ente, tale nomina è da ritenersi priva di qualsiasi efficacia ed eventuali istanze vanno qualificate come inammissibili.
Pagina 10 di 40 1.4 L’ADOZIONE DEL MODELLO QUALE ESIMENTE DELLA RESPONSABILITÀ L’art. 6 del D.lgs. n. 231/2001 stabilisce che l’ente, nel caso di reati commessi da soggetti apicali, non risponda a titolo di responsabilità amministrativa qualora dimostri che: a) l’Organo dirigente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (nel seguito anche “Modello” o “Modello 231”); b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello nonché di proporne l’aggiornamento sia stato affidato ad un Organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (c.d. “Organismo di Vigilanza”, nel seguito anche “Organismo” o “OdV”); c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il suddetto Modello; d) non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza. Nel caso in cui il reato sia stato commesso da soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza del personale apicale, l’ente sarà ritenuto responsabile del reato solamente in ipotesi di carenza colpevole negli obblighi di direzione e vigilanza. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, abbia adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. L’adozione del Modello, prima della commissione dell’illecito consente, pertanto, all’ente di andare esente da responsabilità amministrativa. Quanto all’efficacia del Modello a prevenire la commissione dei reatipresupposto previsti dal D.Lgs. 231/2001, sulla base delle indicazioni fornite dallo stesso Decreto, si ritiene che esso possa soddisfare tale esigenza laddove: • individui le attività nel cui ambito esiste la possibilità che siano commessi reati presupposto; • preveda specifici “protocolli” diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; • individui modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di tali reati;
Pagina 11 di 40 • preveda obblighi di informazione nei confronti dell’OdV; • introduca un sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle disposizioni indicate nel Modello e nella documentazione che ne è parte integrante (es. Codice Etico). Tuttavia, la mera adozione del Modello non è di per sé sufficiente ad escludere detta responsabilità, essendo necessario che tale Modello sia efficacemente ed effettivamente attuato e che sussistano congiuntamente le condizioni di cui all’art. 6, comma 1, del D. Lgs. 231/2001. Con riferimento all’idoneità del Modello a prevenire la commissione dei reatipresupposto previsti dal D.Lgs. 231/2001, sulla base delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza, si ritiene che esso possa ritenersi idoneo se: i. sia stato adottato partendo da una mappatura dei rischi di reato specifica ed esaustiva e non meramente descrittiva o ripetitiva del dettato normativo; ii. preveda che i componenti dell’OdV posseggano capacità specifiche in tema di attività consulenziale; iii. preveda quale causa di ineleggibilità a componente dell’OdV la sentenza di condanna (o di patteggiamento) non irrevocabile; iv. preveda una differenziazione tra formazione rivolta ai dipendenti nella loro generalità, ai dipendenti che operino in specifiche aree di rischio ed ai preposti al controllo interno; v. preveda il contenuto dei corsi di formazione, la loro frequenza, l’obbligatorietà della partecipazione ai corsi, controlli di frequenza e di qualità sul contenuto dei programmi; vi. preveda espressamente la comminazione di sanzioni disciplinari; vii. preveda sistematiche procedure di ricerca ed identificazione dei rischi quando sussistano circostanze particolari; viii. preveda controlli di routine e controlli a sorpresa – comunque periodici – nei confronti delle attività aziendali sensibili; ix. preveda e disciplini un obbligo per i dipendenti, i direttori, gli amministratori della società di riferire all’OdV notizie rilevanti e relative alla vita dell’ente, a violazioni del Modello o alla consumazione di reati. In particolare, deve fornire concrete indicazioni sulle modalità attraverso le quali coloro che vengano a conoscenza di comportamenti illeciti possano riferire all’OdV; x. contenga protocolli e procedure specifici e concreti.
Pagina 12 di 40 1.5 LE “LINEE GUIDA” DI CONFINDUSTRIA E GLI ALTRI PRINCIPI ISPIRATORI Il Decreto, all’art. 6, comma 3, prevede che i Modelli possano essere adottati – garantendo le esigenze di cui al paragrafo che precede – sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti e comunicati al Ministero della Giustizia. Alla luce di quanto sopra, tutte le principali associazioni di categoria hanno approvato e pubblicato dei propri codici di comportamento. In particolare, appare opportuno ricordare che Confindustria nel mese di giugno 2021 ha pubblicato l’ultima versione aggiornata delle proprie “Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo” (di seguito “Linee Guida”). La Società, ritenendo che le suindicate Linee Guida contengano una serie di indicazioni e misure idonee a rispondere alle esigenze delineate dal legislatore, si è ispirata anche ai principi ivi contenuti per la costruzione del presente Modello (cui si rimanda integralmente). Nell’elaborazione del presente Modello, si è altresì tenuto conto del documento approvato nella seduta del 18 dicembre 2018 dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e redatto congiuntamente da ABI, Consiglio nazionale forense e Confindustria recante “Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza e prospettive di revisione del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231” (versione di febbraio 2019). Si dà atto infine che, nella predisposizione del presente Modello 231, si è altresì tenuto conto dell’evolversi della giurisprudenza più significativa formatasi in materia di D.Lgs. 231/2001 e responsabilità amministrativa degli enti4. 4 Sulla qualificazione della responsabilità amministrativa da reato degli enti si veda Cass. Sezioni Unite, sent. n. 38343/2014; Cass. Pen. sez. II, sent. n. 29512/2015; Cass. Pen.,sez. III, n. 18842/2019. Sulla definizione di colpa di organizzazione si veda Cass. Sezioni Unite, sent. n. 38343/2014; Cass. Pen., sez. VI, sent. n. 54640/2018, Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 29538/2019. Sulla efficacia del Modello Organizzativo, si veda Tribunale di Milano – Ufficio GIP, 17.11.2009; Corte Appello Milano, sez. II, 21.03.2012; Cass. Pen., sez. V, sent. n 4677/2013; Corte d’Appello di Brescia, sent. n. 1969/2014; Cass. Pen., sez. V, sent. n. 4677/2014; Procura della Repubblica di Como, Decreto di archiviazione, 29.01.2020. Sul giudizio di idoneità del modello si veda: Cass. Pen., Sezione IV, sent. n. 23401/2022. Sulla nozione di interesse o vantaggio si veda Cass. Pen., sez. V, sent. n. 40380/2012; Cass. Pen., sez. II, sent. n. 3615/2005. In tema di pubblicità del sistema sanzionatorio, si veda Cass. Pen., sent. n. 18130/2005. In tema di risalita di responsabilità nei gruppi societari, si veda Cass. Pen., sez.V, sent. n. 24583/2011; Cass. Pen., sez. V, sent. n. 4324/2013; Cass. Pen., sez.VI, sent. n. 2658/2014; Cass. Pen., sez. II, sent. n. 52316/2016. Sul parametro in base al quale debba essere espresso il giudizio di adeguatezza del modello si veda: Cass. Pen., Sezione IV, sent. n. 23401/2022. Con riferimento ai reati presupposto, si vedano, tra le altre: malversazione in danno dello Stato, Cass. Pen., Sez. VI, sent. 28416/2022; corruzione in atti giudiziari Cass., Sezioni Unite, sent. n. 15208/2010; traffico di influenze illecite Cass. Pen., Sez. V, sent. 30564/2022; duplicazione abusiva di software Cass. Pen., sez. III, sent. n. 30047/2018; accesso abusivo al sistema informatico Cass. Pen., sez. V, sent. n. 25944/2020; illecita concorrenza con minaccia o violenza Cass., Sezioni Unite, sent. n. 13178/2020;
Pagina 13 di 40 SEZIONE SECONDA IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DI BERTOLOTTO S.P.A. 2.1 DESCRIZIONE DELLA SOCIETÀ Bertolotto S.p.A., con sede in via Circ. Giovanni Giolitti 43/45, 12030, Torre San Giorgio (CN), è specializzata nella produzione, assemblaggio, finitura, immagazzinamento, vendita e spedizione di porte da interno nonché sistemi filomuro e divisori da interni in legno, vetro e alluminio. La Società è dotata delle certificazioni UNI EN ISO 9001:2015, UNI EN ISO 45001:2018 e UNI EN ISO 14001:2015, emblematiche della volontà di garantire la soddisfazione del Cliente, gestire gli aspetti ambientali connessi allo svolgimento della propria attività e prevenire infortuni e/o malattie professionali nonché prevedere luoghi di lavoro sicuri e salubri; inoltre, ai fini della lavorazione del legno, la Società ha ottenuto la certificazione FSC (Sistema Certificato Forest Stewardship). La Società svolge attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 e ss. del codice civile nei confronti di ABC Gardesa S.p.A., Gardesa S.p.A., Bienne S.r.l., Bilog S,r.l. e redige il bilancio consolidato quale Capogruppo delle società ABC Gardesa S.p.A., Gardesa S.p.A., Bienne S.r.l., Bilog S,r.l. e Bertolotto Inc.. FINALITÀ DEL MODELLO Nell’elaborazione del presente Modello, la Società si è ispirata alle Linee Guida approvate da Confindustria nel giugno 2021 e ad esse intende uniformarsi anche nel caso di eventuali successive modifiche e integrazioni. in materia di salute e sicurezza Cass., Sezioni Unite, sent. n. 38343/2014; Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 8591/2016; Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 8883/2016; Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 16713/2018; Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 9167/2018; Corte di Appello di Firenze, sez. III, sent. n. 3733/2019; occultamento e distruzione delle scritture contabili Cass. Pen., n. 8350, 8351 e 8355 del 2020; caporalato Tribunale di Milano, Decreto n. 9/2020; autoriciclaggio Cass. Pen., sez. II, sent. n. 25979/2018, Cass. Pen., sez. II, sent. n. 30399/2018 e Cass. Pen., sez. V, sent. n. 5719/2019; frode nell’esercizio del commercio Cass. Pen., sez. III,,sent. n. 4885/2019. Con riferimento alle modalità di nomina del difensore dell'Ente nel caso in cui il legale rappresentante sia indagato per un reato-presupposto ai sensi del D.lgs. 231/2001, si veda Cass. Pen., sez. III, sent. n. 35387/2022, Cass. Pen., sez. III, sent. n. 34397/2022 e Cass. Pen., sez. III, sent. n. 32110/2023.
Pagina 14 di 40 Le Linee Guida forniscono alle imprese indicazioni di tipo metodologico per la realizzazione di un Modello idoneo a prevenire la commissione dei reati previsti dal Decreto e a fungere da esimente dalla responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. 231/2001. La Società, inoltre, nel predisporre la revisione del presente Modello ha tenuto conto dei principi espressi dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili con la pubblicazione del Documento del febbraio 2019, adattandole alle proprie specifiche esigenze. La Società ha approvato la presente revisione del Modello di Organizzazione, di Gestione e Controllo (di seguito anche solo il “Modello”), con delibera del Consiglio di Amministrazione (cfr. frontespizio della presente Parte Generale). La Società è sensibile all’esigenza di assicurare condizioni di correttezza e trasparenza nella conduzione degli affari e delle attività aziendali, a tutela della propria reputazione, immagine e del lavoro dei propri dipendenti ed è, altresì, consapevole dell’importanza di dotarsi di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo a prevenire la commissione di comportamenti illeciti da parte dei propri amministratori, dipendenti e di tutti coloro che svolgono la propria attività in nome e per conto della Società. La Società ritiene, dunque, che l’adozione del Modello, unitamente al Codice di Etico, possa costituire un valido strumento di ulteriore sensibilizzazione nei confronti dei Destinatari. Segnatamente, attraverso l’adozione del Modello, la Società intende perseguire le seguenti finalità: ▪ determinare nei destinatari del Modello, definiti al successivo paragrafo 2.3 - Destinatari, la consapevolezza di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni ivi riportate, nella commissione di illeciti passibili di sanzioni disciplinari ai sensi del presente Modello, di sanzioni penali applicabili nei loro stessi confronti dal giudice competente, nonché di poter determinare l’applicazione di sanzioni amministrative dipendenti da reato in capo alla Società; ▪ vietare comportamenti che possano integrare le fattispecie di reato di cui al D.Lgs. 231/2001, predisponendo un sistema di prevenzione e controllo finalizzato alla riduzione del rischio di commissione dei reati connessi all’attività aziendale; ▪ ribadire che tali forme di comportamento illecito sono fortemente condannate dalla Società, in quanto le stesse (anche nel caso in cui la Società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio) sono comunque contrarie, oltre che alle disposizioni di legge, anche ai principi
Pagina 15 di 40 etici ai quali la stessa intende attenersi nell’esercizio delle attività aziendali; ▪ consentire alla Società, grazie ad un’azione di monitoraggio sulle aree di attività a rischio fondata su un sistema strutturato e organico di procedure e attività di controllo, di intervenire tempestivamente per prevenire o contrastare la commissione dei reati stessi. Al fine di predisporre un Modello efficace e idoneo a prevenire i reati ricompresi nell’ambito del D.Lgs. 231/2001, la Società ha proceduto ad un’approfondita analisi della propria struttura aziendale sia tramite verifica documentale che a mezzo di interviste mirate a soggetti aziendali informati dell’organizzazione e delle attività svolte dalla Società stessa. DESTINATARI Le disposizioni del presente Modello sono vincolanti per il Consiglio di Amministrazione e per tutti coloro che, nell’ambito della Società, rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione anche di fatto della stessa, per tutti coloro che sono legati alla Società da un contratto di lavoro subordinato, per coloro che cooperano e collaborano con essa – a vario titolo – nel perseguimento dei suoi obiettivi e per chiunque intrattenga con essa rapporti d’affari (tutti i soggetti precedentemente elencati di seguito anche i “Destinatari”). Tutti i Destinatari sono tenuti a rispettarne puntualmente tutte le disposizioni, anche in adempimento dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza che scaturiscono dai rapporti giuridici instaurati con la Società. ELEMENTI FONDAMENTALI DEL MODELLO Con riferimento alle esigenze individuate nel D.Lgs. 231/2001, gli elementi fondamentali sviluppati dalla Società nella definizione del Modello possono essere così riassunti: ▪ predisposizione della “Matrice del rischio di commissione dei reatipresupposto 231”, con indicazione dei referenti/Aree che potenzialmente potrebbero porre in essere taluno dei reati richiamati dal D.Lgs. 231/2001, indicazione della fattispecie di reato come normativamente prevista, indicazione degli esempi di possibili modalità di realizzazione dei reati, indicazione dei processi potenzialmente associabili alla commissione dei reati richiamati dal D.Lgs. 231/2001 ed indicazione dei Protocolli della Parte Speciale volti a prevenire la commissione del reato;
Pagina 16 di 40 ▪ identificazione dei principi etici e delle regole comportamentali volte (tra il resto) alla prevenzione di condotte che possano integrare le fattispecie di reato previste dal D.Lgs. 231/2001, contenuti all’interno del Codice Etico; ▪ previsione di specifici protocolli preventivi volti a prevenire la commissione delle fattispecie di reato previste dal D.Lgs. 231/2001; ▪ nomina di un Organismo di Vigilanza (di seguito anche “Organismo” ovvero “OdV”) ed attribuzione di specifici compiti di vigilanza sull’efficace attuazione ed effettiva applicazione del presente Modello; ▪ introduzione di canali di comunicazione nei confronti dell’OdV, atti a garantire flussi comunicativi periodici e/o ad evento nei confronti dell’OdV; ▪ approvazione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare i soggetti responsabili del mancato rispetto del Modello; ▪ svolgimento di un’attività di informazione, formazione e diffusione nei confronti dei Destinatari del presente Modello; ▪ individuazione di modalità per l’adozione e l’effettiva applicazione del Modello nonché per le necessarie modifiche o integrazioni dello stesso (aggiornamento del Modello). CODICE ETICO E MODELLO 231 La Società intende operare secondo principi etici e regole di comportamento dirette ad improntare lo svolgimento dell’attività aziendale, il perseguimento dello scopo sociale e la sua crescita al rispetto delle leggi e regolamenti vigenti. A tale fine, la Società ha adottato un proprio Codice Etico, il quale enuncia principi ai quali si conforma e dei quali si pretende la più rigorosa osservanza da parte di tutti i Destinatari e di tutti coloro che, a qualsiasi titolo, in Italia o all’estero, cooperano e collaborano con essa nel perseguimento del suo oggetto sociale. Il Codice Etico ha una portata di carattere generale e rappresenta un insieme di regole volte a diffondere una solida integrità etica ed una forte sensibilità al rispetto delle normative vigenti. Il Codice Etico, pertanto, non serve solo a diffondere all’interno della Società una cultura sensibile alla legalità e all’etica ma anche a tutelare gli interessi dei dipendenti e di coloro che hanno relazioni con la Società, preservando la stessa da gravi responsabilità, sanzioni e danni reputazionali.
Pagina 17 di 40 Il Modello risponde, invece, a specifiche prescrizioni contenute nel D.Lgs. 231/2001, finalizzate espressamente a prevenire la commissione delle fattispecie di reato previste dal Decreto medesimo (per fatti che, apparentemente commessi nell’interesse o a vantaggio della Società, possono far sorgere a carico della stessa una responsabilità amministrativa da reato). In considerazione del fatto che il Codice Etico richiama principi di comportamento (tra cui, legalità, correttezza e trasparenza) idonei anche a prevenire i comportamenti illeciti di cui al D.Lgs. 231/2001, esso costituisce parte integrante del presente Modello. LA STRUTTURA DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO E DI CONTROLLO Il sistema organizzativo e di controllo della Società si basa sui Protocolli preventivi, sui Flussi informativi all’OdV descritti nell’allegato 3 della Parte Speciale del Modello e sui seguenti elementi: - il quadro normativo e regolamentare applicabile alla Società, ivi compreso quello proprio del settore in cui la stessa opera ed al quale si attiene rigorosamente; - il Codice Etico, che sancisce principi e regole di condotta cui la Società si ispira e che devono essere osservati da tutti coloro che operano all’interno della Società e da tutti coloro che, a vario titolo, intrattengono rapporti con la stessa. L’attuale sistema organizzativo e di controllo della Società, inteso come apparato volto a gestire e monitorare i principali rischi aziendali, assicura il raggiungimento dei seguenti obiettivi: - efficacia ed efficienza nell’impiegare le risorse aziendali, nel proteggersi dalle perdite e nel salvaguardare il patrimonio della Società; - rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili in tutte le operazioni ed azioni della Società; - affidabilità delle informazioni, da intendersi come comunicazioni tempestive e veritiere a garanzia del corretto svolgimento di ogni processo decisionale. La responsabilità in ordine al corretto funzionamento del sistema dei controlli interni è rimessa a ciascun referente aziendale ovvero a coloro che svolgono talune attività in favore della Società per tutti i processi di cui esso sia responsabile.
Pagina 18 di 40 INDIVIDUAZIONE DELLE ATTIVITÀ “A RISCHIO” E DEFINIZIONE DEI PROTOCOLLI Il D.Lgs. 231/2001 richiede espressamente, al relativo art. 6, comma 2, lett. a), che il Modello individui le attività aziendali nel cui ambito possano essere potenzialmente commessi i reati di cui al medesimo decreto. La Società, quindi, ha condotto un’analisi delle attività aziendali e delle relative strutture organizzative allo specifico scopo di identificare le aree a rischio in cui possono essere commessi i reati previsti dal D.Lgs. 231/2001, le possibili modalità di realizzazione degli stessi, nonché i processi nel cui svolgimento, sempre in linea di principio, potrebbero crearsi le condizioni e/o potrebbero essere forniti gli strumenti per la commissione delle fattispecie di reato. ▪ Identificazione dei processi e delle aree a rischio. L’identificazione dei processi sensibili e delle aree a rischio di commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 è stata realizzata attraverso l’analisi della documentazione aziendale e le interviste ai singoli referenti aziendali. I risultati delle attività sopra descritte, previamente condivisi con i referenti intervistati, sono stati raccolti all’interno della c.d. Matrice del rischio di commissione dei reati-presupposto 231, che illustra nel dettaglio il potenziale rischio di commissione dei reati richiamati dal D.Lgs. 231/2001. La Matrice del rischio di commissione dei reati-presupposto 231 costituisce parte integrante del presente Modello ed è custodita presso la sede della Società. ▪ Definizione dei protocolli. Si precisa, inoltre, che costituiscono parte integrante del Modello i “Protocolli preventivi” adottati dalla Società per prevenire il rischio di commissione dei reati-presupposto applicabili alla Società. In particolare, sono stati adottati i seguenti Protocolli preventivi: 1. Amministrazione, contabilità, bilancio, adempimenti fiscali e tributari, 2. Gestione degli acquisti di beni e servizi, 3. Rapporti con Pubblica Amministrazione, Autorità Giudiziaria e con i Soggetti privati, 4. Gestione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ai sensi del D.lgs. 81/2008 e degli adempimenti in materia ambientale, 5. Gestione delle risorse umane, 6. Gestione dei sistemi informatici,
Pagina 19 di 40 7. Produzione e commercializzazione di beni e gestione delle attività aziendali. PROTOCOLLI GENERALI DI CONTROLLO La Società gestisce i processi sensibili e le aree di attività a rischio sopra identificate nel rispetto di principi che appaiono coerenti con le indicazioni fornite dal D.Lgs. 231/2001, garantendone una corretta e concreta applicazione. Oltre ai Protocolli Preventivi di cui alla parte Speciale del presente Modello 231, i principi che regolano le attività a rischio e i processi sensibili sono i seguenti: ▪ esistenza di regole comportamentali di carattere generale a presidio delle attività svolte; ▪ esistenza e adeguatezza di procedure per la regolamentazione dello svolgimento delle attività nel rispetto dei principi di: • tracciabilità degli atti; • oggettivazione del processo decisionale; • previsione di adeguati presidi di controllo, ▪ previsione di livelli autorizzativi a garanzia di un adeguato controllo del processo decisionale; ▪ esistenza di specifiche attività di controllo e di monitoraggio; ▪ segregazione dei compiti e delle funzioni.
Pagina 20 di 40 SEZIONE TERZA ORGANISMO DI VIGILANZA 3.1 PREMESSA L’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 231/2001 prevede che la funzione di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del Modello e di curarne l’aggiornamento sia affidata ad un Organismo di Vigilanza dell’ente che, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, eserciti in via continuativa i compiti ad esso rimessi. A tale proposito, le Linee Guida di Confindustria evidenziano che, sebbene il D.Lgs. 231/2001 consenta di optare per una composizione sia monocratica che plurisoggettiva, la scelta tra l’una o l’altra soluzione deve tenere conto delle finalità perseguite dalla legge e, quindi, assicurare l’effettività dei controlli in relazione alla dimensione e complessità organizzativa dell’ente. La Società, in ragione della sua attuale struttura organizzativa, ha ritenuto di istituire un organismo collegiale, esterno alla Società, composto da tre membri, nominato dall’Organo amministrativo, dotato di specifiche competenze giuridiche e professionali in tema di attività consulenziali. L’Organismo di Vigilanza è stato individuato in modo da poter garantire i seguenti requisiti: ▪ Autonomia e indipendenza: detto requisito è garantito dall’assenza di alcun riporto gerarchico all’interno dell’organizzazione e dalla facoltà di reporting al massimo vertice aziendale; ▪ Professionalità: requisito questo garantito dal bagaglio di conoscenze professionali, tecniche e pratiche, di cui dispone l’Organismo di Vigilanza; ▪ Continuità d’azione: con riferimento a tale requisito, l’Organismo di Vigilanza è tenuto a vigilare costantemente, attraverso poteri di indagine, sul rispetto del Modello, a curarne l’attuazione e l’aggiornamento, rappresentando un riferimento costante per tutto il personale della Società.
Pagina 21 di 40 DURATA IN CARICA, CAUSE DI INELEGGIBILITÀ, DECADENZA, REVOCA E RINUNCIA L’Organismo di Vigilanza resta in carica per la durata di tre anni, con possibilità di rinnovo dell’incarico. • Cause di ineleggibilità e/o di decadenza Costituiscono motivi di ineleggibilità e/o di decadenza del componente dell’Organismo di Vigilanza: a) l’interdizione, l’inabilitazione, il fallimento o, comunque, la condanna penale, anche non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal Decreto o, comunque, ad una pena che comporti l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità di esercitare uffici direttivi; b) l’esistenza di relazioni di parentela, coniugio o affinità entro il quarto grado con i membri del Consiglio di Amministrazione o del Collegio Sindacale della Società, o con i soggetti esterni incaricati della revisione; c) la sentenza di condanna della Società, anche non divenuta irrevocabile, ovvero la sentenza di applicazione della sanzione su richiesta ai sensi del combinato disposto degli artt. 63 D.Lgs. 231/2001 e artt. 444 e seg. c.p.p. (c.d. sentenza di patteggiamento), ove risulti dagli atti l’omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza; d) l’esistenza di rapporti di natura patrimoniale continuativa tra il componente e la Società tali da compromettere l’indipendenza del componente stesso; e) l’accertamento di un grave inadempimento da parte del componente dell’Organismo di Vigilanza nello svolgimento dei propri compiti di verifica e controllo. Qualora, nel corso dell’incarico, dovesse sopraggiungere una causa di decadenza, il componente dell’Organismo di Vigilanza è tenuto ad informare immediatamente il Consiglio di Amministrazione. • Cause di revoca La revoca dei poteri propri dei componenti dell’Organismo di Vigilanza potrà avvenire esclusivamente per giusta causa e previa delibera del Consiglio di Amministrazione della Società. Costituiscono giusta causa di revoca: ▪ l’omessa comunicazione al Consiglio di Amministrazione di un conflitto di interessi che impedisca il mantenimento del ruolo di componente dell’Organismo stesso;
Pagina 22 di 40 ▪ la violazione degli obblighi di riservatezza in ordine alle notizie e informazioni acquisite nell’esercizio delle funzioni proprie dell’Organismo di Vigilanza; ▪ per i componenti legati alla Società da un rapporto di lavoro subordinato, l’avvio di un procedimento disciplinare per fatti da cui possa derivare la sanzione del licenziamento. Qualora la revoca avvenga senza giusta causa, il componente revocato potrà chiedere di essere immediatamente reintegrato in carica. • Rinuncia dell’incarico Ciascun componente può recedere in ogni momento dall’incarico con preavviso scritto di almeno 30 giorni, da comunicarsi al CdA a mezzo pec, la quale avrà effetto a partire dal 14° giorno successivo a quello in cui la stessa è stata portata a conoscenza del CdA mediante comunicazione scritta. *** In caso di rinuncia, i componenti dell’Organismo di Vigilanza rimangono in carica oltre la scadenza fissata nella delibera di nomina fino a quando il CdA non abbia provveduto con specifica nuova delibera alla nomina dell’Organismo di Vigilanza nella nuova composizione. In caso di sopravvenuta incompatibilità, sopravvenuta incapacità, morte, revoca o decadenza di un componente, qualora non comunicata nelle modalità e tempi indicati, il Presidente dell’OdV provvederà a darne immediata comunicazione scritta al CdA, il quale prenderà senza indugio le conseguenti decisioni. In caso di sopravvenuta incompatibilità, sopravvenuta incapacità, morte, revoca o decadenza del Presidente, qualora non comunicata dal medesimo nelle modalità e tempi indicati, l’obbligo di comunicazione spetta al componente più anziano. In tale caso, quest’ultimo subentrerà al Presidente, rimanendo in carica sino alla data in cui il Consiglio di Amministrazione procederà alla nomina del nuovo Presidente. Fino alla nomina del nuovo componente da parte del CdA, l’Organismo di Vigilanza potrà comunque riunirsi e deliberare e il voto del Presidente avrà valore doppio in caso di parità. FUNZIONI E POTERI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA L’Organismo di Vigilanza provvede a disciplinare in autonomia le regole per il proprio funzionamento in un apposito Regolamento, in particolare definendo le modalità operative per l’espletamento delle funzioni ad esso rimesse. All’Organismo di Vigilanza sono affidati i seguenti compiti:
Pagina 23 di 40 ▪ vigilare sul funzionamento e osservanza del Modello; ▪ curare l’aggiornamento del Modello. Tali compiti sono svolti dall’Organismo attraverso le seguenti attività: ▪ vigilanza sulla diffusione del Modello, sull’attività di formazione e sulla sua osservanza da parte dei Destinatari dello stesso; ▪ vigilanza sull’adeguatezza del Modello, con particolare riferimento ai comportamenti riscontrati nel contesto aziendale; ▪ proposte di aggiornamento del Modello nell’ipotesi in cui si renda necessario e/o opportuno effettuare modifiche e/o adeguamenti dello stesso, in relazione alle mutate condizioni legislative e/o aziendali; ▪ comunicazione su base continuativa al Consiglio di Amministrazione in ordine alle attività svolte; ▪ comunicazioni periodiche al Collegio Sindacale in ordine alle attività svolte, ovvero per eventuali violazioni dei vertici aziendali o dei componenti del Consiglio di Amministrazione. Nello svolgimento di dette attività, l’Organismo provvederà ai seguenti adempimenti: ▪ verificare la programmazione e lo svolgimento da parte della Società di attività formative periodiche ai sensi del D.Lgs. 231/2001 volte a favorire la conoscenza del Modello della Società e dei fondamenti giuridici della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001, differenziato secondo il ruolo e la responsabilità dei destinatari; ▪ istituire specifici canali informativi “dedicati” (indirizzo di posta elettronica dedicato e cassetta di posta), diretti a facilitare il flusso di informazioni verso l’Organismo; ▪ raccogliere e conservare ogni informazione rilevante ai fini della verifica dell’osservanza del Modello; ▪ verificare e controllare periodicamente le aree/processi a rischio individuate nel Modello. Al fine di consentire all'Organismo la miglior conoscenza in ordine all'attuazione del Modello, è fondamentale che l’Organismo di Vigilanza operi in stretta collaborazione con i singoli referenti aziendali. Ai fini dello svolgimento degli adempimenti sopra elencati, l’Organismo è dotato dei poteri di seguito indicati: ▪ dotarsi di un Regolamento e ricevere i Flussi informativi da parte dei Destinatari del Modello;
Pagina 24 di 40 ▪ accedere liberamente, senza autorizzazioni preventive, a ogni documento aziendale rilevante per lo svolgimento delle funzioni attribuite; ▪ richiedere ai referenti, e in ogni caso a tutti i Destinatari, di fornire tempestivamente le informazioni, i dati e/o le notizie loro richieste per individuare aspetti connessi alle varie attività aziendali rilevanti ai sensi del Modello e per la verifica dell’effettiva attuazione dello stesso; ▪ ricorrere a consulenti esterni di comprovata professionalità nei casi in cui ciò si renda necessario nell’esercizio delle proprie attività. All’Organismo di Vigilanza è riconosciuto dal Consiglio di Amministrazione un budget di spesa adeguato allo svolgimento delle relative funzioni da utilizzare a supporto delle attività tecniche di verifica necessarie per lo svolgimento dei compiti a costui affidati. L’OdV può superare i limiti di utilizzo delle risorse a lui assegnate al solo verificarsi di situazioni critiche che richiedano un’immediata reazione. In tali ipotesi, la deliberazione dell’OdV dovrà essere motivata, adeguatamente discussa e approvata in sede di riunione dell’OdV; dovrà, altresì, essere resa informativa in merito Consiglio di Amministrazione con formale comunicazione. REPORTING DA E VERSO L’ORGANISMO DI VIGILANZA L’OdV si riunisce con cadenza almeno trimestrale, salva la maggior frequenza che l’Organismo dovesse ritenere opportuna. Come sopra già anticipato, al fine di garantire la piena autonomia e indipendenza nello svolgimento delle relative funzioni, l’Organismo di Vigilanza riferisce direttamente al Consiglio di Amministrazione in ordine alle attività svolte. Segnatamente, l’Organismo di Vigilanza riferisce al Consiglio di Amministrazione circa lo stato di fatto sull’attuazione del Modello, gli esiti dell’attività di vigilanza svolta e gli eventuali interventi opportuni per l’implementazione del Modello: ▪ periodicamente nei confronti del Consiglio di Amministrazione per garantire un costante allineamento in merito alle attività svolte anche mediante la messa a disposizione dei verbali delle attività svolte; ▪ annualmente nei confronti del Consiglio di Amministrazione (e in copia il Collegio Sindacale), attraverso una relazione scritta, nella quale vengono illustrate le attività svolte, le eventuali criticità emerse e l’eventuale necessità di implementazione del Modello; ▪ immediatamente nei confronti del Consiglio di Amministrazione, nei casi di violazioni poste in essere da parte dei Destinatari del Modello;
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